venerdì 21 gennaio 2011

No alle classi-pollaio lo dice il TAR

Entro 120 giorni il ministero dell'Istruzione e il ministero dell'Economia doranno emanare il Piano generale di edilizia scolastica. L'ordine arriva dal Tar del Lazio che ha accolto una class action proposta dal Codacons contro le cosiddette 'classi-pollaio', ovvero quelle aule scolastiche nelle quali il numero di alunni, attorno ai 35-40, supera i limiti fissati dalla legge.

Il Tar (la sentenza è stata emessa dalla III sezione bis presieduta da Evasio Speranza), dopo aver sciolto i dubbi in merito all'ammissibilità dell'azione del Codacons, ha sottolineato come "il Piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica (previsto dall'art. 3 del Decreto 81/09) - si legge nella sentenza - non è stato ancora adottato" e come lo stesso "avrebbe dovuto essere adottato prima dell'anno scolastiche 2009-2010". Per i giudici, quindi, "é evidente che l'inerzia si sia già protratta ampiamente oltre il limite di legge". L'effetto di tutto è l'accoglimento della class action promossa dal Codacons con l'ordine per i ministeri dell'Istruzione e dell'Economia di emanare "di concerto, del predetto Piano generale entro 120 giorni dalla notificazione delle presente sentenza".

CODACONS, ORA POSSIBILI RISARCIMENTI - "Ora il ministro Gelmini dovrà emettere un piano in grado di rendere sicure le aule scolastiche ed evitare il formarsi di classi da 35 o 40 alunni ciascuna". Lo dichiara il presidente del Codacons, Carlo Rienzi. "Se non lo farà saremo costretti a chiedere la nomina di un commissario ad acta che si sostituisca al ministro ed ottemperi a quanto disposto dal Tar. Grazie a questa sentenza, inoltre, docenti e famiglie i cui figli sono stati costretti a studiare in aule pollaio, potranno chiedere un risarcimento fino a 2.500 euro in relazione al danno esistenziale subito", conclude Rienzi

lunedì 17 gennaio 2011

Riforma: bocciata!

Riforma: bocciata!
di Marina Boscaino
Non sono capaci di incassare colpi senza scadere nella volgarità e nell’attacco pretestuoso. Parlano spesso a vanvera, illudendosi evidentemente che il fatto stesso di parlare possa servire a coprire il vuoto del loro malgoverno.
I fatti. È cosa nota che la Cisl non è esattamente un sindacato “antagonista”: persino in questi anni bui e in questa violazione sistematica di norme e diritti ha mantenuto un atteggiamento che eufemisticamente definirei moderato. Nel corso di un convegno, la Cisl ha comunicato i risultati di un’indagine Swg, secondo cui il voto medio dei docenti italiani alla riforma della scuola è di 3,6 punti su 10: quale imprevedibile sorpresa! Il delitto di lesa maestà è stato immediatamente stigmatizzato da viale Trastevere, che ha gridato all’incoerenza di quell’esito con i dati Ocse-Pisa, contemporaneamente pubblicati, che vedono un aumento delle competenze dei 15enni scolarizzati italiani, risultate un po’ meno disastrose di quanto lo siano normalmente dai rilevamenti delle indagini periodiche che l’Europa impone.
“Che c’azzecca?” direbbe qualcuno. Niente, infatti. Da una parte l’indice di gradimento della cosiddetta riforma presso i docenti; dall’altra la valutazione delle competenze degli alunni. Uno sbotto di furore incontenibile nella dichiarazione del Ministero dell’Istruzione: “Solo poche ore fa sono stati resi noti in tutto il mondo i risultati dell’indagine sull’andamento dei sistemi scolastici internazionali. Una rilevazione autorevole e oggettiva secondo cui aumenta la qualità della scuola italiana, che dopo anni inverte un trend negativo e torna a guadagnare posizioni. Evidentemente a qualche sindacato è venuto il mal di pancia, ma soprattutto ha visto crollare tutti gli slogan scanditi in questi anni”. Hanno omesso, gli stizziti esternatori, di specificare che – oltre che inutili da contrapporre al legittimo (non esattamente un fulmine a ciel sereno) disamore degli insegnanti – quei dati rispondono alla situazione del 2009, quando il governo malgovernava da pochi mesi, l’“epocale riforma” della scuola italiana non era ancora stata varata, persino i tagli – il vero e proprio “fiore all’occhiello” dell’azione governativa, quantizzabili in 140mila posti falcidiati nei 3 anni seguenti – non erano ancora esecutivi. Con quei risultati, insomma – buoni o cattivi che siano – Berlusconi, Gelmini & Co non c’entrano assolutamente nulla. Contro la Cisl, ancora, un florilegio di insulti da parte di esponenti della maggioranza, mirati soprattutto a colpire i soliti, immarcescibili, insegnanti “fannulloni”: una responsabilità socio-politica-culturale (quella di questo marchio ormai indelebile all’intera categoria) di cui dobbiamo ringraziare il ministro Brunetta.
Questo è il livello di pratica democratica, confronto, riflessione, a cui tentano di piegare la nostra intelligenza: ci vorrebbero sull’attenti, plaudenti e complici di una delle gestioni più sconsiderate che la pubblica istruzione abbia avuto nella sua storia.