venerdì 18 marzo 2011

Napolitano a Torino

«Io credo che tutti, da qualsiasi parte del Paese, abbiamo ieri avvertito che è accaduto qualcosa di importante: abbiamo avvertito uno scatto di sentimento nazionale ed era quello che volevamo suscitare». E' cominciato così, stamane, il discorso del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che s'è commosso parlando con la voce rotta dall'emozione dell'«umiltà che deve caratterizzare chi svolge ruoli istituzionali al servizio dei cittadini» alla manifestazione per il 150/mo al Teatro Regio di Torino. Il teatro l'ha salutato con una standing ovation.

«Sento il bisogno di richiamare la necessità stringente di coesione nazionale - ha detto Napolitano -. Significa avere il senso della Patria e della costituzione, della Costituzione come quadro di principi e di regole per il nostro vivere comune. Coesione indispensabile per far fronte alle prove che ci attendono ». Ha aggiunto riferendosi al Risorgimento che «Dobbiamo riacquisire un patrimonio storico e ideale che abbiamo un pò rimosso per molti anni. L’abbiamo poco studiato e dobbiamo riscoprirlo». «La «straordinaria fusione di italiani del Nord e del sud ha contribuito a una così grande crescita della nostra economia e della nostra società».

Napolitano ha parlato anche della crisi libica. L'Italia «nelle prossime ore» sarà chiamata a «decisioni impegnative per la situazione in Libia. Se pensiamo a quello che è stato il nostro Risorgimento non possiamo rimanere indifferente a una sistematica repressione dei diritti umani in qualsiasi paese». E poi aggiunge: «Non possiamo lasciare che vengano distrutte e calpestate le speranze accese di un risorgimento nel mondo arabo. Mi auguro che le decisioni da prendere circondate dal massimo consenso».

Ha ringraziato la città di Torino per l’organizzazione delle celebrazioni: «Insieme a Torino - ha aggiunto - è Roma che merita un riconoscimento, perchè ha creduto a questo Anniversario. Roma, la capitale agognata da ricongiungere all’Italia perchè non si poteva pensare all’Italia senza Roma nè allo Stato italiano senza Roma come Capitale».