venerdì 26 agosto 2011

AFFRONTARE LA CRISI IN MODO DEMOCRATICO: QUESTO E’ IL NODO

Abbiamo il dovere di rimettere le cose a posto. Invece la confusione regna sovrana e siamo a chi la spara più grossa. Che cosa centra con le decisioni necessarie ad affrontare la crisi economica la riduzione degli spazi di democrazia e dei presidi sul territorio? In sostanza dobbiamo fare attenzione a non confondere la riduzione dei costi della politica con il rischio di riduzione della democrazia e della partecipazione.

Si sta parlando di cancellare Comuni, Province, qualcuno ha messo in ballo anche le Regioni. Infatti, quando si comincia male non può che finire peggio. Al contrario di chi ben comincia…

I Comuni esistono in tutto il mondo e in particolare in Europa con Paesi che ne hanno molti più dell’Italia, per esempio la Francia ne ha circa 36.000 contro i nostri 8.000, ma ne hanno circa 3.000 la Svizzera e l’Austria . Il Comune rappresenta l’entità istituzionale più vicina ai cittadini e in Italia l’identità comunale è fortissima, non riconducibile solo ad una questione amministrativa. Durante il Regno d’Italia e sotto il fascismo si fecero forzature,ma eravamo, appunto,sotto una dittatura.

Le Province hanno, nei Paesi dove esistono, la funzione di ente intermedio, cioè quello con competenze gestionali e di coordinamento sovra comunali, di area vasta come spesso si dice.
Quanto vasta può essere definito con delle formule? Di sicuro è un ente che se mantiene le caratteristiche di espressione democratica dei territori deve comunque fare i conti con le economie di gestione e con la capacità di fare massa critica. Molto dipende dalle Regioni, queste sì vera invenzione amministrativa con poteri legislativi ormai enormi. Tanto è vero che per qualcuno federalismo è uguale a regionalismo, ma non dice questo il Titolo V° della Costituzione con le modifiche approvate dal referendum del 2001. Sussidiarietà è, invece, il sostantivo con il quale si può riassumere il dettato costituzionale.

Allora rimettiamo le cose a posta, ritorniamo alla Carta delle Autonomie e al Federalismo fiscale che erano le bandiere del movimento che puntava alla riduzione dei costi dello Stato e ad un allargamento della democrazia e della responsabilità dal basso.

Chi in questi anni si è battuto per questo lo ha anche fatto pensando ad uno sviluppo sociale ed economico che può riprendere solo se esalta le responsabilità e l’impegno locale versus una gestione statale centrale i cui insuccessi sono evidenti e su tutti i fronti, dall’istruzione al sostegno alle imprese.
Più responsabilità agli enti locali è forse l’unica possibilità per il nostro Paese di recuperare il gap con il resto dell’Europa più avanzata.

I costi della politica sono una derivata. Quanti sono i sindaci che non prendono nessuna indennità visto le condizioni delle casse comunali? Tantissimi, volontari loro e i consiglieri ai quali è sciocco rinunciare. Ma siamo seri. E’ giusto che un sindaco e un assessore ai quali spesso è richiesto il un impegno a tempo pieno lo facciano gratis? Non scherziamo, che la politica non sia per tutti,ma legata alle proprie ricchezza l’abbiamo già vissuta e non è democratico. Che non ci si arricchisca con la politica è un’altra cosa. La legislazione italiana in materia di indennità è stata il frutto di un grande impegno del movimento per lo sviluppo della democrazia nel nostro Paese. Le distorsioni vanno corrette, ma non cancelliamo le conquiste.

Uscire dalla crisi è un dovere e ognuno deve fare la propria parte, ma uscire dalla crisi in modo democratico significa distribuire i pesi con equità. Il rischio di avere alla fine minore democrazia è forte e per questo la battaglia sulle soluzioni da trovare non è un esercizio per pochi.
Uno dei modi per allargare la partecipazione alle scelte è proprio il rafforzamento delle istituzioni locali, quelle più vicine al cittadino.

Umberto D'OTTAVIO