martedì 28 febbraio 2012

Lettera di Saitta e Barducci agli amministratori pd delle province

Ai 43 Presidenti PD delle Province
Ai 19 Vicepresidenti PD delle Province
Ai 26 Presidenti PD dei Consigli provinciali
Ai 174 Assesssori provinciali PD
Agli 813 Consiglieri Provinciali PD
p.c. Pierluigi Bersani, Enrico Letta,
Rosy Bindi, Dario Franceschini, Anna Finocchiaro
p.c. ai Deputati e Senatori PD
delle Commissioni affari cosituzionali


Carissimi,
ci siamo fatti carico di un’operazione verità sulle Province relativamente a funzioni e costi e di richiedere con forza una riforma complessiva degli assetti istituzionali nel nostro Paese.
Un’azione coerente con la posizione assunta dal nostro partito con la presentazione della proposta di legge costituzionale del 21 giugno 2011 a firma Bersani-Franceschini-Bressa e altri che in sintesi prevede l’istituzione delle città metropolitane, la contrarietrà all’istituzione delle nuove Province e
la riduzione del numero di Province esistenti. Questa pdl nasceva dall’assunto che il PD “ non è stato mai per l’abolizione dell’istituzione Provincia, poiché, ad esempio, le questioni relative ai trasporti, all’assetto idrogeologico, agli aspetti ambientali e alle strade costituiscono una dimensione non più gestibile dal singolo comune e che non dovrebbe essere gestita dalle regioni: in quest’ottica cancellare con un colpo di bacchetta magica le province ci consegnerebbe una
dimensione di confusione totale che sarebbe esattamente l’opposto di quello che i cittadini chiedono, ossia responsabilità, correttezza e trasparenza nell’amministrazione dei propri interessi.
Il PD è, quindi, per la ridefinizione delle province anche all’interno della Costituzione”(pag. 2 della relazione).
Dobbiamo purtroppo constatare come questa posizione sia stata abbandonata perché i gruppi parlamentari del PD di fatto hanno votato, con l’approvazione del decreto “salva Italia”, l’abolizione della Provincia che non avrà più funzioni amministrative dal 1 gennaio 2013 calpestando in modo palese la Costituzione (si veda l’intervento del prof. Onida su Il Sole 24 Ore del 20 gennaio scorso) .
Evidentemente abbiamo protestato verso i nostri dirigenti nazionali perché i nostri gruppi parlamentari hanno contribuito ad alimentare (insieme al prof. Monti) la falsità che abolendo le Province si risparmierebbero 12 miliardi di euro: come ormai abbiamo dimostrato - anche attraverso un autorevole studio dell’Università Bocconi - questa è la spesa che le Province sostengono per
svolgere le proprie competenze, spesa che aumenterebbe trasferendole a Regioni e Comuni.
Ci è stato promesso che in qualche provvedimento legislativo si sarebbe rivista la decisione assunta.
Di fatto i comportamenti sono stati di segno diverso:
· il nostro partito nell’apposita Commissione parlamentare è stato compatto nel sostenere che le
amministrazioni provinciali che andranno al voto in primavera devono essere commissariate
anziché prorogate di un anno come se fossero amministrazione mafiose o in bancarotta. Hanno
prorogato enti di nominati che avrebbero dovuto essere eliminati qualche anno fa (esempio Ato
acqua e rifiuti) e commissariato istituzioni garantite dalla Costituzione;
· a differenza di alcune Regioni guidate dal centrodestra, nessuna di quelle guidate dal
centrosinistra ha impugnato alla Corte Costituzionale il decreto “salva Italia” per la parte sulle
Province;
· il nostro responsabile nazionale degli enti locali in occasione della mobilitazione dei Consigli
provinciali del 31 gennaio ha suggerito ai gruppi consiliari di non approvare l’ordine del giorno
dell’Upi (che abbiamo contribuito a redigere) sottolineando l’inopportunità di promuovere
ricorsi alla Corte Costituzionale (per fortuna è stata una grida manzoniana, perché tutti i
Consigli d’Italia l’hanno approvato).
Siamo ancora stupefatti e riteniamo grave non difendere la Costituzione sempre.
In ogni caso non ci siamo rassegnati.
Abbiamo costruito lavorando come presidenti del PD all’interno dell’UPI (in particolare con Nicola
Zingaretti, Fabio Melilli, Piero Lacorazza, Giovanni Florido e Beatrice Draghetti) una proposta di
legge che riducendo il numero delle Province, istituendo le città metropolitane, abolendo il numero
gli uffici periferici ed eliminando gran parte degli enti intermedi consente la riduzione reale della
spesa pubblica di 5 miliardi di euro (anziché di soli 65 milioni come prevede il decreto “salva
Italia”). L’abbiamo presentata alla stampa, poi ai gruppi parlamentari e al Governo.
Sicuramente è stata aperta una breccia. Lo abbiamo constatato nel seminario del PD che si è tenuto
a Roma martedì scorso. Nel documento presentato all’inizio dell’incontro anche se timidamente si
afferma che l’eliminazione delle Province non ha senso, che forse occorrerà cambiarne il nome, che
devono avere poche funzioni, che è giusto ridurre il numero degli uffici periferici dello Stato, ma è
fondamentale che gli organi non siano non più eletti a suffragio universale.
Tutti i presidenti di Provincia presenti hanno sostanzialmente contestato l’elezione di secondo grado
chiedendo che cosa ci sia di così grave in democrazia nell’essere eletti direttamente dal popolo.
Abbiamo motivato che il sistema elettorale di secondo grado di fatto equivale a indebolire le
Province e accentuare il neocentralismo regionale.
Abbiamo osservato che oggi i cittadini chiedono di poter scegliere i propri rappresentanti e non
accettano più che siano i partiti a nominarli.
Non c’è stato verso di far cambiare opinione al gruppo dirigente nazionale, anche se era in
minoranza: ha preferito fare propria la posizione di Astrid elaborata in modo determinante con il
contributo degli onorevoli Vitali, Lanzillotta e Bassanini.
Questa dunque la posizione del nostro partito.
Secondo noi occorre spiegare urgentemente al gruppo dirigente nazionale il grande errore che sta
compiendo se fa proprie non le opinioni di consiglieri, assessori o presidenti provinciali, ma quelle
di un piccolo gruppo che ha deciso di decidere per conto di tutti noi.
Dobbiamo e vogliamo coinvolgere i parlamentari dei singoli territori, gli organi provinciali e
regionali.
Sinceramente rammarica essere stati abbandonati dal nostro partito.
Stupisce che con queste decisioni, che rincorrono l’antipolitica, il PD stia colpevolizzando e
demotivando una parte importante della sua classe politica diffusa sul territorio nazionale che ha il
grande merito di essere stata eletta direttamente dal popolo e di essere presente nelle istituzioni.
Il PD non dovrebbe fidarsi un po’ più di noi?
Antonio Saitta e Andrea Barducci